Storie di soldati
I fratelli Carrara da Amora Bassa di Aviatico
di Rinaldo Monella e Aurora Cantini, pubblicata il 07/12/2019 - versione PDF 
Se fino all’Unità d’Italia le guerre che insanguinarono il nostro suolo riguardarono solo una parte della futura nazione e con un’elevata percentuale di volontarismo, dopo il 1861 i conflitti videro la partecipazione, per lo più obbligata dalle leggi sulla leva militare, di soldati provenienti da tutte le regioni italiane.
In termini di perdite di vite umane fu la Prima Guerra Mondiale che sconvolse le famiglie di ogni ceto sociale e, in particolare, di quelle della povera gente dove il numero di figli era spesso molto elevato.
Tante famiglie bergamasche ebbero al loro interno uno o più soldati caduti; particolarmente significativo e doloroso fu il caso di una famiglia di Amora Bassa, frazione di Aviatico.

Ubicazione della casa di Amora Bassa dove nacquero i fratelli Carrara.
Ci riferiamo a quella di Angelo Carrara (nato il 18 luglio 1851) e di Giovanna Maddalena Carrara (nata il 6 novembre 1859), umili contadini da cui nacquero ben 13 figli (7 femmine e 6 maschi).

Angelo Carrara e la moglie Giovanna Maddalena Carrara, genitori dei cinque fratelli chiamati al fronte.
Allo scoppio della “Grande Guerra” la chiamata alle armi fu implacabile e cruda nella sua meticolosa scelta numerica: infatti, dei sei figli maschi ben cinque vennero mandati al fronte, mentre il sesto ebbe maggior “fortuna” essendo nato nel 1902.
Ma ciò che sconvolse l’intera famiglia fu che, dei cinque fratelli, ben quattro morirono durante il conflitto o a causa di esso.
Ne è una riprova il fatto che il papà Angelo morì di crepacuore nel 1919, quando era ancora al fronte il quinto dei figli, Bernardino, uno dei Ragazzi del ’99, chiamato alle armi l’8 maggio 1917.
Per la mamma Giovanna Maddalena al dolore per la morte dei figli e del marito si unì uno strazio ancora peggiore: i corpi dei suoi tre figli caduti al fronte non vennero mai ritrovati e, per loro, non vi fu funerale, nessuna cerimonia, nessun corteo ma, soprattutto, nessuna tomba su cui piangere o deporre un fiore.
Bisognerà attendere oltre cinquant’anni quando, l’8 ottobre 1972, verrà posta una targa sulla facciata della casa di Amora Bassa, dove nacquero i fratelli Carrara, targa benedetta da Don Bepo Vavassori, loro commilitone al tempo della guerra, e inaugurata dall’onorevole Giuseppe Belotti, Senatore Bergamasco.

8 ottobre 1972: Don Bepo Vavassori benedisce la targa posta sulla facciata della casa dei fratelli Carrara.
Andiamo ora a ricordare brevemente le vicende belliche di questi cinque sfortunati fratelli.
Il primo ad andarsene fu Fermo Antonio, nato il 17 gennaio 1896, arruolato nel 5^ Reggimento Alpini, Battaglione Val Camonica, 252^ Compagnia, disperso il 2 agosto 1916 a 20 anni sulle Alpi Giulie, dopo un attacco al Monte Cukla – Rombon, quota 2105, presso il confine con la Slovenia.

L’alpino Fermo Antonio Carrara.

Una baracca rifugio per gli alpini di vedetta sul Monte Rombon.
Oggi però, dopo cento anni, sono emerse nuove notizie sulla sua morte, notizie ritrovate tra gli Archivi dello Stato Maggiore dell’Esercito dall’alpino Massimo Peloia del Gruppo Alpini di Saronno.
Nel Diario Storico del Battaglione Alpini Ceva (appartenente al medesimo Reggimento del Val Camonica ed operante sul medesimo fronte), conservato a Roma, è riportato quanto segue:
“2 agosto 1916, nella notte un’ardita pattuglia, composta di 2 ufficiali e 6 alpini della 252^ compagnia alpina, tentò di scendere dal Romboncino per raggiungere Val Mozenca e colà conoscere appostamenti e difese nemiche. Il tentativo fallì; rientrarono tutti meno un soldato che precipitò sfracellandosi.”
Più avanti si trova anche un rapporto manoscritto, datato 6 agosto 1916 e compilato da una pattuglia in ricognizione sul versante settentrionale del Rombon:
“Al Comando Settore Saga - Oggetto: ricognizione sul versante settentrionale del Rombon. La sera del 4 corrente una pattuglia composta di due subalterni ed alcuni militari di truppa della 252^ compagnia è partita allo scopo di rintracciare il cadavere del soldato Carrara Fermo della stessa compagnia precipitato dalle rocce del Romboncino la notte dal 1 al 2 e di studiare la possibilità di giungere sul rovescio della cima Rombon, passando da Val Mozenca. Detta pattuglia, rientrata ieri sera, ha riferito di non essere riuscita a scorgere il cadavere del Carrara e di non aver potuto proseguire a causa di insormontabili difficoltà stradali.”
E così il corpo di Fermo giacque insepolto tra le rocce ed i crepacci del Rombon.

Veduta della parete del Monte Rombon da cui precipitò Fermo Carrara.
Poi toccò a Vittorio Emanuele Enrico, detto semplicemente Enrico, nato il 19 ottobre 1897, appartenente al 229^ Reggimento Fanteria, Brigata Campobasso della Milizia Mobile, morto il 14 maggio 1917 (anche lui a 20 anni) per l’esplosione di una granata durante la presa del Monte Santo, un’altura posta a nordest di Gorizia ed ultima propaggine dell’Altopiano bagnato dal fiume Isonzo nelle Alpi Giulie. I verbali redatti al momento della battaglia attestano che “Nulla rimase più di lui”.

Carrara Vittorio Emanuele Enrico, fante.

Il Comando della Brigata Campobasso sul Monte Santo.
Il terzo a cadere fu Agostino, il cui vero nome era Giovanni, nato il 4 gennaio 1886 e sposato dal 1913 con Gioachina Carrara, arruolato nella 50^ Compagnia del 5^ Reggimento Alpini, Battaglione Edolo. Si spense il 23 giugno 1918, a 32 anni, dopo essere stato colpito alla nuca da un cecchino austriaco mentre si recava al rifornimento di acqua sulla cresta dei Monticelli Orientali, (oggi Passo Paradiso), località Ridotta Sgualdrina di Conca Presena, quota 2992, in Alta Valle Camonica. Morì tra le braccia del fratello maggiore Celestino Elia, sergente nel medesimo battaglione. Fu sepolto con una croce di legno nel cimitero di Ponte di Legno ma, durante la riesumazione del 1936 per portare i Caduti nel Sacrario del Tonale, i suoi resti andarono dispersi.

Carrara Giovanni Agostino, alpino.

La cima Presena, a sinistra e la ridotta Sgualdrina, al centro, con in mezzo la cresta dei Monticelli Orientali, ricchi di sorgenti d’acqua.
Infine il primogenito Celestino Elia, nato il 30 gennaio 1883, che aveva sposato la sedicenne Margherita Luino a Serravalle (Vercelli) il 6 dicembre 1906. Prestò il servizio di leva come carabiniere aggiunto nella Legione Carabinieri Reali di Milano. Emigrato in Francia, dove faceva il muratore, venne richiamato alle armi il 12 aprile 1915.

Carrara Celestino Elia, sergente degli alpini.
Combattente sul Rombon e sull’Adamello, dovette sopportare 41 mesi al fronte lontano da casa. Da caporale, sul Rombon con il Battaglione Alpini Val Camonica, venne ferito ad un ginocchio l’11 maggio 1916 durante un tremendo attacco alla vetta, (fonte: Sergio Boem, citazione Verbali del Battaglione Val Camonica redatti dal Cappellano Tenente don Giuseppe Canova, bergamasco di Castione della Presolana, coscritto e amico di Elia, il quale morì il 13 giugno 1918 e, come tramandato dai familiari, Elia gli rimase accanto fino alla fine). Il 2 agosto 1916, con ogni probabilità, dovette assistere alle inutili ricerche del fratello minore Fermo, del medesimo reparto.
Promosso poi Caporal Maggiore e quindi Sergente nel il Battaglione Edolo, aveva resistito ai lunghi e terribili inverni. Poi, come sopra accennato, il 23 giugno 1918, sull’Adamello, gli era morto fra le braccia il fratello Agostino.
Elia tornò dal fronte notevolmente debilitato dalla grave piaga alla gamba ferita che lo faceva zoppicare, ma anche per i traumi subiti con la perdita dei tre fratelli minori e, con ogni probabilità, da una strana malattia contratta in servizio.
Non aveva requie, nè riposo, nè consolazione, vagava disperato chiamando i fratelli mai più tornati a casa. Non dormiva la notte e metteva soggezione a tanti con quel suo sguardo a volte allucinato e inquietante, mentre il dolore alla gamba lo faceva gridare. Questi disturbi ne avevano talmente indebolito il corpo e lo spirito che non si riprese più: fu posto in consegna all’equipe innovativa del nuovo Ospedale di Bergamo, il Principessa di Piemonte (inaugurato nel 1930), dove morì l’1 luglio 1932, a soli 49 anni, sempre accudito dalla mamma. Già da qualche anno la giovane moglie era impazzita di dolore (forse già dal 1919) ed era stata internata nel Manicomio di Vercelli, dove rimase per 30 anni, fino alla morte.
Per Elia vi fu un funerale privato, senza la presenza di alcuna autorità, talmente dimesso che nessuno in paese ne ha mai più avuto memoria e di cui non vi è traccia in alcuna fotografia.
Di lui è rimasta una cartolina postale spedita da Edolo al cognato Vincenzo Carrara il 12 aprile 1915.

Cartolina postale scritta dal Sergente Carrara Elia il 14 aprile 1915.
Il più giovane dei fratelli Carrara, Bernardino, fu uno dei Ragazzi del ’99, mandato al fronte nel giugno del 1917, quando gli erano già morti due fratelli, mentre l’anno seguente gli morì il terzo. Venne inquadrato nel 5° Reggimento Alpini, Battaglione Edolo, dove rimase fino al congedo del 7 aprile 1920. Morì di vecchiaia a 87 anni nel 1986.

Bernardino Carrara con la fascia a lutto e le 3 stelle dei fratelli morti al fronte (archivio Giorgio Carrara).
Nota: (la gran parte delle informazioni e delle immagini ci è stata gentilmente fornita da Aurora Cantini da Aviatico).