Storie di soldati

Un garibaldino trevigliese "rivalutato": Giuliano Stefano Messaggi

di Rinaldo Monella, pubblicata il 13/06/2020 - versione PDF

"Per quanto il Messaggi sia casualmente nato a Milano, egli deve tuttavia essere considerato come Bergamasco e per ciò deve essere compreso nella schiera dei Bergamaschi che, nel 1860, Duce Garibaldi, parteciparono all'epica Spedizione dei Mille".



Ritratto di Giuliano Stefano Messaggi, con la divisa da ufficiale dei granatieri.

Con questa frase Alberto Agazzi, uno dei maggiori cultori bergamaschi di storia garibaldina, apriva la scheda di Giuliano Stefano Messaggi nel suo indimenticabile volume "Le 180 biografie dei Bergamaschi dei Mille", edito nel 1960 a cura dell'Istituto Civitas Garibaldina, che aveva sede presso il Municipio di Bergamo.

Ed il professor Agazzi aveva tutte le ragioni per affermare ciò, poichè questo valoroso quanto sfortunato soldato venne a vario titolo "dimenticato" da quegli Enti preposti a tramandare le vicende belliche dei propri conterranei o concittadini, per la precisione i Comuni di Bergano e di Treviglio i quali, comunque, provvidero in seguito ad una parziale riparazione.

Ma andiamo con ordine.
Giuliano Stefano Messaggi (da tutti chiamato Stefano), nacque a Milano il 21 maggio 1840 da Giovanni Battista e Angela Maria Cappuccini, coniugi trevigliesi che si erano trasferiti nel capoluogo lombardo per motivi di lavoro (il papà faceva il tipografo).
Di fatto Stefano trascorse l'infanzia e l'adolescenza a Treviglio, presso lo zio paterno che portava il suo stesso nome e che era il Curato della Parrocchia locale.
Nel 1859, da poco diciannovenne, abbandonò l'impiego che i parenti gli avevano trovato a Verona, presso la Direzione delle Strade Ferrate Lombardo-Venete e tornò immediatamente a Treviglio che, come tutta la Lombardia, dopo le battaglie di Solferino e San Martino si era liberata dal giogo austriaco.



Questo è il tracciato della rete ferroviara lombardo-veneta negli anni '50 dell'800.



Una tipica locomotiva dell'800.

Voleva a tutti e costi arruolarsi nell'Esercito Piemontese ma la Pace di Villafranca gli impedì la realizzazione di questa sua aspirazione.
L'anno seguente, però, i suoi sogni divennero realtà perchè, quando seppe dell'organizzazione di una spedizione militare guidata dal generale Giuseppe Garibaldi ed avente lo scopo di liberare l'Italia Meridionale dalla sudditanza borbonica, volò letteralmente a Quarto dove, la notte del 5 maggio, salpò con il piroscafo "Lombardo" che, unitamente al gemello "Piemonte", trasportò i Mille fino a Marsala.



I Mille furono trasportati in Sicilia tramite due piroscafi della Società Rubattino: il "Piemonte" ed il "Lombardo" qui riprodotto in una stampa d'epoca.

Arruolato come semplice volontario nella 1^ Squadra della 1^ Compagnia, comandata da Nino Bixio, dopo lo sbarco a Marsala dell'11 maggio Stefano combattè a Calatafimi (15 maggio), dove gli venne conferita la decorazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare per essersi distinto nel corso della battaglia.



Plastico della battaglia di Calatafimi: i garibaldini attaccarono dalla piana mentre i borbonici si ritirarono verso la collina nota come il "Pianto romano".

Il giorno 27 dello stesso mese, mentre con la sua compagnia andava all'assalto di un quartiere di Palermo presidiato dai Borboni, venne gravemente ferito da una palla di fucile che lo colpì all'omero sinistro lesionandogli l'osso in profondità.
La ferita si manifestò subito nella sua gravità e, per alcuni mesi, si temette di dovergli amputare il braccio.



Maggio 1860: barricate nelle vie di Palermo (foto d'epoca).

Nel mese di agosto gli fu concesso di tornare in patria, a Treviglio, dove ricevette amorevoli cure, quasi certamente anche dal nonno materno Giuliano Cappuccini, medico condotto della cittadina. Il mese successivo il nostro Stefano fu promosso Sottotenente con Decreto del Dittatore (Garibaldi) in data 13 settembre 1860.
Tale promozione fu poi confermata con Regio Decreto 4 agosto 1861 che, in aggiunta, assegnò il giovane ufficiale all'Arma di Fanteria, Corpo dei Volontari Italiani e lo comandò al Deposito di Ivrea dei Sottotenenti che erano appartenuti all'Esercito dell'Italia Meridionale.
Il 22 dicembre 1861 fu incorporato nel 4^ Reggimento Granatieri, Brigata Granatieri Lombardia.

Allo scoppio della III Guerra d'Indipendenza (1866) il sottotenente Messaggi si trovava nella 7^ Compagnia del 4^ Granatieri e, nello schieramento del nostro esercito, tale reparto fu inquadrato nel 1^ Corpo d'Armata del generale Giovanni Durando, 3^ Divisione del generale Filippo Brignone, Brigata "Granatieri Lombardia" del generale principe Amedeo d'Aosta.

    

I due comandanti in capo avversari alla battaglia di Custoza: il generale Alfonso La Marmora e l'arciduca Alberto d'Asburgo.



Il generale principe Amedeo d'Aosta, che comandava la Brigata Granatieri Lombardia in cui si trovava il sottotenente Stefano Messaggi.

Detto schieramento venne utilizzato alla battaglia di Custoza del 24 giugno, battaglia che, di fatto, fu l'evento che diede inizio alle manovre belliche sulla terraferma e che, purtroppo, vide la sconfitta delle truppe italiane, comandate dal generale Alfonso La Marmora, da parte del contingente austriaco dell'arciduca Alberto d'Asburgo, conte di Teschen.



Episodio della battaglia di Custoza, da un quadro di Giovanni Fattori.

Quel mattino, già nel corso delle prime ore di battaglia, il nostro ufficiale si era distinto nell'espugnazione degli sbarramenti austriaci in località "Vegruzzi"; ma nel pomeriggio i nostri soldati vennero duramente attaccati dai granatieri del 66^ Reggimento "Ferdinando IV granduca di Toscana" che, sotto il comando del colonnello Karl Friedrich Böck von Greissau, costrinsero ciò che restava dei nostri granatieri e cioè uno sparuto gruppo di ufficiali e di pochi soldati ancora in grado di combattere, a rifugiarsi in un cascinale in località "La Cavalchina".



Battaglia di Custoza: episodio de "La Cavalchina".

L'ufficiale più alto in grado era il capitano Ignazio Cragnotti (già giudice del Consiglio di Guerra di Catania nel 1860, confermato capitano nel Corpo dei Volontari Italiani ed integrato con pari grado nell'Esercito piemontese) il quale si accorse che stavano per finire le munizioni e, sentito il parere dei suoi subalterni, decise di effettuare una sortita piuttosto che arrendersi agli austriaci, posto che eventuali soccorsi erano ormai impossibili data la drammatica piega che la battaglia stava prendendo. L'incarico di esplorare tale possibilità fu affidato al sottotenente Messaggi che, con grande coraggio, fece una rapida ricognizione fuori dalla cascina, riuscendo a rientrare anche se fatto bersaglio di un intenso fuoco di fucileria.
Il tentativo fu messo subito in atto ed il piccolo drappello varcò il portone della cascina con davanti il nostro ufficiale che doveva indicare il punto più conveniente dove tentare di aprirsi un varco. Pochi attimi ed una pallottola colpì Stefano in pieno petto che stramazzò a terra e morì quasi all'istante. Aveva da poco compiuto 26 anni.

Il suo fu un epilogo tragico, ma anche il coronamento di una vita, seppur breve, intensamente dedicata alla grandezza della Patria.
Per il suo atto di valore ottenne la decorazione di una seconda Medaglia d'Argento al Valor Militare -alla memoria, perchè, dopo aver combattuto con valore ed energia tutta la giornata, sempre tra i primi, circondato dal nemico cadeva gloriosamente, mentre cercava di aprirsi il passo alla ritirata, anzichè rendersi prigioniero, Custoza 24 giugno 1866.



Medaglia d'Argento al Valor Militare nelle guerre per l'indipendenza dell'Italia.

Nel trambusto dei mesi seguenti lo zio sacerdote si adoperò moltissimo per rintracciare il corpo del nipote che, una volta riconosciuto e recuperato, venne poi portato nell'Ossario di Custoza, realizzato in breve tempo dopo la battaglia.
In questo mausoleo si trovano i resti di 1894 soldati italiani ed austriaci e, nella cripta, si trovano anche tre urne di vetro con le spoglie di altrettanti ufficiali: Luigi Giordanelli, Stefano Messaggi e Carlo Alberi.



Ossario di Custoza.



Cripta dell'Ossario di Custoza - In primo piano l'urna di vetro contenente le spoglie del sottotenente Stefano Messaggi.

Sul lato destro del portone della cascina "La Cavalchina" fu in seguito apposta una lapide a ricordo del nostro eroico ufficiale:



Lapide affissa alla Cascina "La Cavalchina" in ricordo dell'azione eroica di Stefano Messaggi.

Tornando alle considerazioni iniziali ci sembra giusto concludere questa storia con alcune dolenti note riguardanti i Comuni di Bergamo e di Treviglio.

Bergamo, la Città dei Mille, fece realizzare una lapide che ancora oggi può essere ammirata nel cortile della Rocca in Città Alta e sulla quale sono stati incisi i nominativi di tutti i bergamaschi che presero parte alla Spedizione dei Mille ma dove, inspiegabilmente, il nome di Messaggi Stefano non compare.



Lapide dedicata ai Bergamaschi dei Mille, posta sul muro interno del cortile della Rocca in Città Alta: in questa lapide il nominativo di Messaggi Stefano non è riportato.

Forse perchè era nato a Milano?
Ma se andiamo a spuntare le biografie di tutti questi bergamaschi scopriamo che ben 11 di loro sono nati fuori provincia: infatti 3 nacquero a Milano (come il nostro Stefano), 3 in provincia di Como, 2 in provincia di Trento, 2 in provincia di Brescia ed 1 a Cremona.
Perchè Stefano Messaggi venne escluso? Mistero!
Nella "Rivista di Bergamo" del 1939, lo storico bergamasco Giovanni Antonucci già si rammaricava che il nominativo del Messaggi non apparisse sulla lapide e ne proponeva l'inserimento.
Evidentemente qualcosa successe ma, per ironia della sorte, il comune probabilmente si rese conto di aver "dimenticato" Stefano Messaggi anche sulla lapide dei caduti delle campagne risorgimentali, provvedendo al suo inserimento posticcio ma dimenticandosi ancora l'inserimento sulla lapide dei garibaldini bergamaschi.

    

Lapide dei Bergamaschi caduti nelle guerre per l'indipendenza dell'Italia -periodo 1860-1870 - il ritaglio evidenza che il nominativo di Messaggi Stefano (così come quello di Brasi Bonaventura) è stato inserito in un secondo tempo.

Ancor più singolare fu la vicenda del Comune di Treviglio. Il Ministero della Guerra, con comunicazione in data 17 ottobre 1866, informava il Comune di Treviglio della morte del sottotenente "Alfonso" Messaggi avvenuta il 24 giugno dello stesso anno nel fatto d'armi di Custoza.



Comunicazione del Ministero della Guerra al Comune di Treviglio, con la quale si da' notizia della morte, avvenuta nel fatto d'armi di Custoza, del sottotenente Messaggi, il cui nome viene erroneamente riportato come "Alfonso".

Il nome del soldato era chiaramente sbagliato ma l'Ufficiale di Stato Civile registrò regolarmente l'Atto di Morte (Anno 1866, Parte II^, n. 283) al nome di Alfonso Messaggi.
Probabilmente qualcuno, forse i parenti, si accorse dell'errore ma, con tutta certezza, il comune si oppose alla rettifica, tant'è che la questione finì al Tribunale Civile e Correzionale di Bergamo. Su requisitoria del Pubblico Ministero, il tribunale medesimo pronunciò una sentenza, datata 30 aprile 1867, dove si evidenziava l'errore di scritturazione dell'Ufficiale di Stato Civile (indotto dall'errata comunicazione del Ministero della Guerra) e si disponeva la giusta correzione.
Tale correzione venne effettivamente apportata sia sugli Indici degli Atti di Morte del 1866 che sul citato atto n. 283.



Atto di morte di Stefano Messaggi, rettificato come da sentenza del Tribunale Civile di Bergamo.

Viene da domandarsi comunque: come mai il Comune di Treviglio non si rese conto prima dell'errore? Di fatto non ci stiamo riferendo ad una grande città e Stefano Messaggi fu comunque l'unico (ufficiale) trevigliese caduto a Custoza.
Correttamente, in seguito, il nominativo del povero e tartassato garibaldino-granatiere venne inserito in una lapide commemorativa murata, nel 1877, sotto il portico del Palazzo comunale.



La lapide che il Comune di Treviglio fece realizzare nel 1887 a ricordo dei garibaldini trevigliesi che parteciparono alla Spedizione del Mille nel 1860.

Infine, nel 1912, a Stefano Messaggi venne intitolata una via nel Centro storico di Treviglio -ex Cantone de' Marchiondini- in precedenza denominata Via Quartiere Militare.

    

Le due immagini, realizzate apposta per questa storia, sono state scattate dal trevigliese Enrico Appiani e mostrano l'imbocco della via, con relativa targa, dedicata al patriota Stefano Messaggi.

Giustizia (parziale) era stata fatta, anche se tardiva!